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    Quasi-particle spectrum and entanglement generation after a quench in the quantum Potts spin chain

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    Recently, a non-trivial relation between the quasi-particle spectrum and entanglement entropy production was discovered in non-integrable quenches in the paramagnetic Ising quantum spin chain. Here we study the dynamics of analogous quenches in the quantum Potts spin chain. Tuning the parameters of the system, we observe a sudden increase in the entanglement production rate, which is shown to be related to the appearance of new quasiparticle excitations in the post-quench spectrum. Our results demonstrate the generality of the effect and support its interpretation as the non-equilibrium version of the well-known Gibbs paradox related to mixing entropy which appears in systems with a non-trivial quasi-particle spectrum.Comment: 15 pages, pdflatex, 30 pdf figures. v2: reformatted, 22 pages, typos correcte

    Bloch oscillations and the lack of the decay of the false vacuum in a one-dimensional quantum spin chain

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    We consider the decay of the false vacuum, realised within a quantum quench into an anti-confining regime of the Ising spin chain with a magnetic field opposite to the initial magnetisation. Although the effective linear potential between the domain walls is repulsive, the time evolution of correlations still shows a suppression of the light cone and a reduction of vacuum decay. The suppressed decay is a lattice effect, and can be assigned to emergent Bloch oscillations.Comment: 12 pages, 6 figures, pdflatex file. v2: 14 pages, new material and references added, improved discussion, main results and conclusions unchange

    S.13.1 Safety and efficacy of rituximab in SSc: an analysis from the European Scleroderma Trial and Research Group

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    Objectives. Objective of this multicentre, observational study was to assess effects and safety of rituximab (RTX) using the European Scleroderma Trial and Research Group (EUSTAR) cohort. Methods. EUSTAR centres were asked to provide specific data about SSc patients treated with RTX. Primary endpoints were predefined for different disease manifestations and compared between baseline and follow-up. Normally distributed data, analysed by paired t-test, are shown as mean (s.d.), and non-parametric data, analysed by Wilcoxon matched paired signed-rank test, are shown as median and interquartile range. Results. Data on 72 SSc patients treated with RTX were captured from 27 EUSTAR centres (51 females/21 males, 52 diffuse/19 limited, age 51 (44-60) years, disease duration 6 (3-10) years, 47 anti-Scl-70 positive). The most frequent RTX application scheme was 1000 mg × 2 within 2 weeks (57/72 patients). Co-treatment with other immunosuppressive drugs was reported in 28 patients. The modified Rodnan skin score (mRSS) significantly decreased vs baseline at 7 (5-9) months follow-up (n = 47, 18.2 + 10.9 vs 14.5 + 9.9, P = 0.0002). This was true for both patients with later disease stages and also for patients with earlier, extended skin fibrosis (dSSc with mRSS >16 at baseline, n = 26; 26.5 + 6.8 vs 20.4 + 8.9, P < 0.0001, reduction by 29.9%). S-HAQ was unchanged, but the European SSc activity score improved after rituximab treatment [n = 10; 3.7 (2.6-6.4) vs 1.7 (0.9-2.5), P = 0.01]. RTX had no effects on lung fibrosis (FVC, DLCO, TLC, HRCT score) in n = 11 patients with evidence for SSc-ILD. In SSc-polyarthritis patients, the DAS-28 declined at 6 months follow-up without reaching statistical significance [n = 8; 4.8 (2.5-7.5) vs 3.7 (2.6-6.6); p = 0.3]. Of 8, 5patients were RF and/or anti-CCP antibody positive. Similar results were obtained for secondary outcome measures (tender and swollen joint count, VAS, CRP, ESR). Additional positive effects of RTX were seen on SSc-related myopathy (CK levels, 273 + 177 vs 184 + 139; n = 12, P = 0.03) and on digital ulcers [total number per patient 1 (1-3) vs 0 (0-1); n = 23; P = 0.0086]. During RTX treatment 14 patients had infections, 3 serum sickness, 2 allergic reactions and 1 lung fibrosis aggravation, 29 fatigue and 9 nausea. Four patients died, one possibly related to RTX treatment (pneumonia and cardiac failure 1.5 months after RTX infusion). Conclusion. This large EUSTAR cohort study points at positive effects of RTX in particular on skin fibrosis, and suggests randomized controlled trial in SSc patient

    Functional impairment of systemic scleroderma patients with digital ulcerations: Results from the DUO registry

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    Relaxation and entropy generation after quenching quantum spin chains

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    This work considers entropy generation and relaxation in quantum quenches in the Ising and 3-state Potts spin chains. In the absence of explicit symmetry breaking we find universal ratios involving R\ue9nyi entropy growth rates and magnetisation relaxation for small quenches. We also demonstrate that the magnetisation relaxation rate provides an observable signature for the "dynamical Gibbs effect" which is a recently discovered characteristic non-monotonous behaviour of entropy growth linked to changes in the quasi-particle spectrum

    L’infezione da papilloma virus umano (HPV) nei pazienti con artrite reumatoide trattati con farmaci biologici

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    L ’infezione da HPV, la più frequente infezione a trasmissione sessuale, è comune nella popolazione sia maschile sia femminile. Il virus è presente in molte varianti genotipiche (oltre un centinaio), con diversa patogenicità. Alcuni tipi di HPV possono causare lesioni benigne a carico degli epiteli squamosi, come verruche e condilomi, mentre altri hanno potenzialità oncogene e sono associati a tumori dell’apparato genitale. Il carcinoma della cervice uterina è il primo tumore umano riconosciuto dalla OMS come riconducibile totalmente ad un agente infettivo, con il DNA del virus HPV isolato nel 90-100% dei casi 1. Prima di raggiungere lo stadio di invasività, questo tumore a lenta evoluzione è preceduto da lesioni displastiche precancerose che possono essere identificate con Pap-test o altre metodiche (su cui si basano i programmi di screening). La maggior parte delle infezioni da HPV si risolve spontaneamente grazie alla risposta immunitaria di tipo cellulare. Nell’evoluzione tumorale, oltre alla presenza di genotipi ad alto rischio, pare assumano un ruolo importante fattori legati all’ospite, quali età, stato ormonale e familiarit

    Farmaci biologici e rischio oncologico

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    N elle malattie infiammatorie che richiedono trattamenti prolungati con terapie immunosoppressive, vi è sempre stata la preoccupazione che tali trattamenti potessero aumentare il rischio dello sviluppo di tumori. I farmaci biologici agiscono tramite complessi meccanismi di immunomodulazione e, alcune citochine inibite da queste terapie (quali il TNF-α) esercitano importanti effetti biologici, sia pure non completamente chiariti, sui processi di carcinogenesi e di progressione tumorale. Per quanto i dati complessivi finora emersi sul rischio oncologico nei pazienti trattati con farmaci biologici siano confortanti, è opportuno tener presente che la valutazione di tale rischio è resa complicata da una serie di fattori, inclusi i seguenti: 1) l’artrite reumatoide (AR) comporta di per sé un rischio differenziale per vari tipi di tumori (aumentato o, in alcuni casi, diminuito), rispetto alla popolazione generale; 2) i tempi di sviluppo di una neoplasia sono spesso lunghi, e possono superare il periodo di osservazione di molti studi; 3) i tumori rappresentano eventi avversi relativamente rari, quindi l’analisi della loro incidenza richiede dati su popolazioni molto vaste per raggiungere un potere statistico sufficiente; 4) negli studi clinici è solitamente escluso l’arruolamento di pazienti con pregresse neoplasie o comunque ad alto rischio oncologico; 5) nella pratica clinica vi può essere un bias di selezione nella scelta dei pazienti da sottoporre a terapia con biologici (per es. a favore di soggetti ritenuti a minor rischio per lo sviluppo di tumori). Queste problematiche devono essere tenute presenti nell’interpretazione dei dati forniti sia dagli studi clinici sia da quelli osservazionali. Pertanto, anche quando non vengono indicate controindicazioni specifiche per l’uso di farmaci biologici in relazione al rischio di tumori, linee guida e documenti di consenso concordano sulla necessità di mantenere alto il livello di vigilanza, per l’eventuale rischio della comparsa di neoplasie nei pazienti sottoposti a terapie biologiche

    L’uso dei farmaci biologici durante la gravidanza e l’allattamento

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    M olte malattie autoimmuni, tra le quali l’artrite reumatoide (AR), sono presenti con maggior frequenza nella popolazione femminile e colpiscono quindi molte donne in età fertile che contemplano la maternità. Per quanto vi sia spesso una tendenza al miglioramento dei segni e sintomi della malattia durante la gravidanza, non sempre è possibile la sospensione completa dei trattamenti. Il potenziale rischio di tossicità per il feto legato alla terapia va rapportato con la necessità di controllare l’attività della malattia nella madre, che può costituire essa stessa un fattore di rischio indipendente per esiti sfavorevoli della gravidanza 1. Il tema della gestione terapeutica ottimale della paziente in preparazione della, o durante, la gravidanza e il periodo post-partum è complesso e destinato ad assumere importanza sempre maggiore con il numero crescente di pazienti reumatologiche che, grazie ai miglioramenti nello stato di salute resi possibili dalle nuove terapie (con particolare riferimento ai cosiddetti farmaci biologici), sono più propense a pianificare una famiglia. In generale, vi sono 5 categorie di rischio per l’utilizzo di farmaci in gravidanza secondo la classificazione della Food and Drug Administration (FDA), riassunte nella Tabella I. Essenzialmente, vi è una carenza di dati sulla sicurezza delle terapie biologiche durante la gravidanza e l’allattamento. Queste due condizioni costituiscono un criterio di esclusione costante negli studi clinici randomizzati controllati registrativi, e le informazioni disponibili sugli effetti della somministrazione di terapie durante la gravidanza o l’allattamento sullo sviluppo fetale e sul neonato provengono esclusivamente da case report e registri. Inoltre, l’introduzione dei farmaci biologici è relativamente recente, per cui l’esperienza clinica accumulata in questo ambito è ancora scarsa. Nessun farmaco biologico, quindi, rientra nella categoria di rischio A, per quanto i dati finora disponibili siano complessivamente favorevoli
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